Quando a soffrire sono i papà: : la depressione perinatale paterna, di Jenny Buonamano
Il diventare genitori comporta una crisi: niente sarà più come prima e non c’è cambiamento profondo che non porti con sé la necessità di lasciare andare ciò che si era e accogliere quello che saremo, con tutti i dubbi, le paure e le incertezze del caso.
A volte, nel processo verso la genitorialità, qualcosa s’inceppa e nasce una sofferenza che affonda le proprie radici nei legami di attaccamento con le figure di riferimento dell’infanzia; un malessere che va a minacciare non solo la singola persona che soffre, ma anche la coppia, il momento della gravidanza e lo sviluppo biopsicosociale del nascituro.
Quando si parla di Depressione post-partum si fa spesso riferimento all’importanza dei papà nella promozione del benessere psicologico della donna.
Il sostegno sociale strumentale ed emotivo ricevuto dal proprio compagno, infatti, compare tra i principali fattori protettivi per questa psicopatologia [1]. Di fatto, un compito importante dei papà è proprio quello di sostenere e proteggere la relazione madre-bambino durante l’infanzia e la madre durante le fasi in cui è esposta maggiormente a delle difficoltà. Un adeguato ruolo paterno deve inoltre facilitare al neonato il contatto con la realtà esterna e al contempo promuovere spazi di autonomia nella mente della madre, tagliando, metaforicamente, il cordone ombelicale tra il bambino e la mamma che, soprattutto nei primi mesi, vivono fusi in una simbiosi. L’attenzione sulla figura paterna però non può limitarsi a vederla solo come risorsa per mamme.
Non di rado, infatti, è proprio il neo papà ad essere colpito dalla depressione, con una stima percentuale che oscilla tra il 4 e il 20% e che influenza negativamente la vita di coppia, la gravidanza, la relazione madre-bambino e lo sviluppo psicofisico del nascituro. Purtroppo però, la Depressione post-partum nell’uomo si manifesta in maniera differente rispetto alla donna, con la conseguenza che, nonostante la frequenza, essa viene spesso sottovalutata e/o non diagnosticata.
Con il termine Depressione perinatale paterna s’indica la manifestazione nel padre di una sintomatologia depressiva che comprende il periodo che va dall’inizio della gravidanza al primo anno dopo il parto [2].
Sintomatologia che tende a manifestarsi in maniera diversa rispetto a quella riscontrabile nelle neo mamme, ovvero in maniera più sfumata. I disturbi tendono ad essere poco definiti e caratterizzati da vissuti di tensione, tristezza e sconforto fino a raggiungere, nei casi più gravi, sentimenti d’impotenza, disperazione e malinconia [3]. I disturbi più frequentemente riportati sono l’umore depresso, l’irrequietezza, l’irritabilità, la preoccupazione costante riguardo l’andamento della gravidanza e la salute del bambino, la perdita degli interessi, la difficoltà di concentrazione e di rendimento sul lavoro, l’isolamento sociale, l’aumento o, al contrario, la diminuzione dell’appetito, il calo del desiderio sessuale e l’insonnia.
E’ importante evidenziare che queste manifestazioni, eccezion fatta per l’umore depresso, se di lieve entità, possono essere considerate disfunzioni normali all’interno dell’esperienza di paternità, senza per forza assumere un particolare valore patologico [4]. Spesso però, la depressione perinatale paterna si presenta in comorbilità con altre sindromi, la cui sintomatologia può sovrapporsi a quella affettiva, mascherandola talvolta, generando quadri clinici più complessi (es. disturbi d’ansia, crisi di rabbia, acting out comportamentali come le fughe extraconiugali, disfunzioni sessuali, disturbi dell’adattamento, ecc…) [1].
Le ricerche effettuate negli ultimi anni hanno inoltre permesso di individuare alcuni fattori di rischio psicosociale, tra cui: la manifestazione di una sintomatologia depressiva nella madre, difficoltà nella relazione di coppia, tratti depressivi e ansiosi di personalità, una storia infantile difficile, alti livelli di stress e altri fattori psicosociali, come per esempio una gravidanza indesiderata.
Così, come la depressione materna, anche quella paterna influenza lo sviluppo del bambino, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo linguistico ed in particolar modo, l’influenza negativa è maggiore se il figlio è maschio, probabilmente per il diverso ruolo che il padre ha nella sua evoluzione [5].
Alla luce di ciò è facile intuire come padri depressi non solo non riescono a svolgere la loro funzione genitoriale, ma costituiscono un ulteriore fattore di vulnerabilità per lo sviluppo di una Depressione post-partum materna.
È quindi utile ricordare che, quando nasce un bambino, nascono anche una mamma ed un papà e, come questa nuova vita che si affaccia al mondo, anche loro hanno bisogno di essere accolti e sostenuti lungo tutto il percorso che porterà alla nascita di una nuova vita.
Dott.ssa Jenny Buonamano
Psicologa Clinica formata in EMDR Specializzanda in Psicoterapia Centrata sulla Persona (email: dr.jennybuonamano@gmail.com)
Bibliografia:
[1] Ammanniti M., Cimino S., Trentini C. (2007). Quando le madri non sono felici. La depressione post-partum. Roma, Il Pensiero Scientifico.
[2] Baldoni F., Ceccarelli L. (2010). “La depressione perinatale paterna. Una rassegna della ricerca clinica ed empirica”, Infanzia e Adolescenza, 9 (2), 79-92.
[3] Dollander M. (2004). “La dépression périnatale pater nelle”, Neuropsychiatrie de l’enfance et de l’adolescence, 52, 274-278.
[4] Ballard C., Davies R., Cullen P., Mohan R., Dean C. (1994). “Postnatal depression in mothers and fathers”, British Journal of Psychiatry, 164, 782-788.
[5] Caretti V., Ragonese N., Crisafi C. (2013) (a cura di). La Depressione Perinatale. Aspetti clinici e di ricerca sulla genitorialità a rischio, Roma, Giovanni Fioriti Editore.
Quando a soffrire sono i papà: : la depressione perinatale paterna, di Jenny Buonamano