Passione o missione?
Temo le cosiddette “Missions”.
La parola ‘missione’, mi mette in subbuglio lo stomaco.
Immagino una persona ‘illuminata’ da un ‘sapere superiore’ che si assume l’incarico di ‘istruire’ i poverelli ignari e ignoranti.
«La tua è una missione», mi dicono a volte.
Per carità! No davvero. La mia è una passione.
Una grande sofferenza, tramutata in un’emozione travolgente dai connotati più gentili.
Si tratta di qualcosa che nasce dal cuore, si espande fin dove non so e ritorna in esso.
«Non voglio che ad altri capiti ciò che è accaduto a me.»
Non è su questo intendimento che spesso sorgono le missions?
Ecco. La mia domanda successiva – scomoda – è: «E cosa vuoi che capiti loro? Vuoi che il resto del mondo abbia ciò che avresti voluto ricevere tu?»
È importante saperlo, per avere chiaro cosa aspettarmi.
Perché se l’intenzione è ritrovare decine, centinai, migliaia di situazioni apparentemente analoghe per gestirle come avresti voluto che fosse gestita la tua, potremmo essere di fronte ad un grosso problema.
Io non sono te. Nessuno è te.
Pensi di riparare alla tua sofferenza rivedendoti nell’altro in loop?
Urca.
E tu, che ti affidi al ‘missionario’, desideri che qualcuno faccia di te ciò che avrebbe voluto fosse fatto di sé, oppure vuoi essere messo in condizioni di scegliere ciò che è più adatto per te, qualunque esso sia?
Ecco.
La mia non è una missione.
La mia è una passione: mi emoziono immensamente quando mi è dato il privilegio di stare accanto a qualcuno che trova la sua strada. È sempre diversa dalla mia. È la sua.
È incredibile come ognuno di noi sia capace di trovarsi, spesso in modo più autentico e profondo, cercandosi oltre il dolore che lo ha travolto.
Il dolore ci accomuna, perché ci mostra umani. In questo ci riconosciamo simili, il resto è tutto da scrivere. Sempre.
Passione o missione?
Pubblicato per la prima volta il 18 febbraio 2023