Parlare di aborto non è mai semplice
Questa riflessione emerge in seguito alla lettura dell'articolo “L’obbligo di seppellire i feti è un orrore”. Viale contro le norma del Comune di Torino, pubblicato su La Stampa il 4 novembre 2024.
Quando si parla di aborto la discussione non è mai semplice…
Troppo spesso, se non sempre, finiamo per cadere nelle ideologie che, di questi tempi, sembrano concentrarsi su due fronti separati e opposti: chi pensa che un aborto sia una massa di cellule, prodromi di un bambino, ma non un figlio, e chi lo considera un membro deceduto della famiglia, un bambino fin dal primo segno sullo stick che ha rilevato la sua presenza.
Le due fazioni, abortisti e pro life, semplificano al massimo, pretendendo di imporre la loro visione su tutti, consentendo e vietando, sulla base di giudizi incontrovertibili.
Così l’aborto diventa terreno di battaglia, di accaparramento di voti e poltrone, in funzione delle quali sono imposte decisioni che ovviamente non rispettano il sentire di tutti, ma solo dei sostenitori che possono gridare alla vittoria, mentre altri possono giusto sentirsi sconfitti.
Così in tempo di pace troviamo modo di farci comunque la guerra.
In realtà, se fossimo buoni osservatori e bravi ascoltatori, sapremmo che il modo in cui le persone vivono l’aborto è estremamente variegato e talvolta anche passibile di mutazioni nel corso della vita.
Coloro che ne hanno un’idea senza averlo sperimentato mi scuseranno, ma ritengo che non abbiano titolo per intervenire nella discussione, farebbero un grande servizio appunto se affinassero le loro capacità di ascolto e osservazione, evitando di sbraitare su cose di cui non conoscono – fortuna loro – la portata.
Il benessere delle persone non si ottiene costringendole a vivere gli eventi della loro esistenza senza che vi possano aderire. Il peggio che possiamo fare come comunità è obbligare qualcuno a pensare e fare cose che non sente proprie.
Ormai sappiamo molto bene che ognuno di noi ha una sua visione della vita, del mondo, dell’etica, della giustizia, ecc. nonostante la cultura intorno a noi semplifichi in buono e cattivo, giusto e sbagliato, alla fine noi dimostriamo che non solo fra bianco e nero c’è tutta una scala di grigi, ma che la vita è anche un inaspettato caleidoscopio di colori.
Parlare di aborto non è mai semplice, dobbiamo tenere presente che ci stiamo riferendo a cellule per qualcuno e a figli per qualcun altro, tuttavia di base stiamo parlando della storia di donne e talvolta uomini, che si sono trovati di fronte a bivi, a volte hanno scelto, altre hanno subito.
In ogni caso, molto probabilmente, non è stato facile e, forse, continua a non essere facile, perché certi eventi impattano talmente da cambiare il modo di camminare nel mondo.
Cosa possano fare e cosa vogliano fare della loro esperienza, spetta a loro deciderlo, noi possiamo offrire opportunità, possiamo lasciare loro la libertà di sperimentare e scegliere, cosa pensano sia meglio.
Possiamo accettare che siamo umani e che possiamo cambiare idea strada facendo: la nostra condizione presuppone il cambiamento, sempre.
Possiamo quindi evitare di stupirci e proseguire ad accogliere quel che verrà.
Non abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica sempre cosa fare, piuttosto abbiamo bisogno di essere sostenuti quando capiamo cosa dobbiamo fare, perché è il meglio per noi.
Qualunque obbligo è insensato.
Il giudizio è insensato.
Quando saranno prese decisioni sulla base dei bisogni delle persone (tutte) che sperimentano questa esperienza, allora avremo fatto quel passo avanti indispensabile per poter dire che ci stiamo occupando del benessere, diversamente dobbiamo renderci conto che il centro dell’interesse è solo la sopravvivenza di un’ideologia.
Parlare di aborto non è mai semplice
Pubblicato per la prima volta il 6 novembre 2024