Il Monumento al bambino Mai nato, dello scultore Martin Hudáček, si trova nella località Bardejovska Nova Ves, in Slovacchia ed è un’opera che non mi è mai piaciuta.
Partendo dalla sua denominazione: Bambino Mai nato.
Finché li continueremo a chiamare Mai nati, negheremo la realtà dell’esistenza, della relazione, della morte, del dolore, della nascita e del lutto.
In genere è proprio questo il susseguirsi dei passaggi.
Tale scultura viene spesso correlata agli articoli in cui si tratta il lutto perinatale, probabilmente perché la mamma piange, e di lutto si piange.
Probabilmente perché il bimbo le è vicino, e la speranza di molti è proprio che questi bimbi restino accanto, pur invisibili.
Tuttavia il messaggio che la scultura desidera emanare non è solo quello che noi profani riusciamo ad intravvedere.
L’opera infatti esprime
“la sofferenza, il rammarico e il pentimento delle madri che hanno deciso di abortire, ma soprattutto il perdono e l’amore del bambino mai nato”.
Rappresenta colpa e perdono.
In altre parole è un giudizio netto e inequivocabile sulla scelta delle donne di interrompere la gravidanza.
Un giudizio a prescindere, su tutte le donne che decidono di abortire: senza averle mai ascoltate, senza conoscere nulla di loro, senza desiderare di incontrarle.
Lo scopo è mandare loro un messaggio unilaterale e universale, senza chiedersi se sia adatto a tutte.
È il tipico messaggio di stampo cattolico, infatti la scultura è stata commissionata a Martin Hudáček da un gruppo di giovani donne del “Movimento di Preghiera delle Mamme”.
Cito:
«Madri che sono consapevoli del valore di ogni vita umana e dei danni che si infliggono, non solo nella perdita irreparabile dei bimbi non nati, ma per il declino permanente della salute mentale (e a volte fisica) di ogni donna che decide, spinta da diverse situazioni, ad abortire suo figlio.»
Sono consapevole del valore di ogni vita umana, e proprio perché ne sono consapevole, non sono affatto d’accordo con il resto del messaggio.
Ciò che a noi manca terribilmente in ogni ambito, ma soprattutto nei temi divisivi, come quelli che hanno a che fare con l’etica, la religione, la parte più profonda di noi stessi, è l’ascolto, l’accoglimento e il tentativo di comprensione delle opinioni altrui e soprattutto delle esistenze altrui.
So per esperienza che alcune donne trovano giovamento nel sapere d’essere ‘perdonate’ per un gesto che considerano una ‘colpa’.
So anche che per altre donne la sofferenza è aggravata dalla colpa che viene affibbiata loro d’ufficio, per un gesto che considerano il più difficile e penoso della loro vita, tuttavia compiuto proprio perché l’unico possibile, al fine di alleviare loro figlio da un’esistenza dolorosa.
Quel dolore lo scontano loro ogni giorno, avendo rinunciato al loro bambino.
Quindi ci sono donne che non patiscono affatto e non vogliono essere giudicate, punto.
Così, interpretare ed esprimere il sentire di alcuni, pretendendo che sia considerato quello di tutti, nuoce a molti.
È proprio questo l’errore che si commette di sovente: avere un convincimento e diffonderlo come se fosse universale, senza considerare minimamente l’impatto che possa avere sugli altri. Il garbo e il rispetto per l’altro, svaniti.
Il Monumento al Bambino Mai nato non mi piace.
Non rappresenta che una lettura particolare legata del lutto perinatale, intrisa di giudizio. E non è il giudizio ciò di cui avverto la necessità.
Pubblicato per la prima volta il 15 ottobre 2021