Im-possibile
È vero che quando muore una persona che amiamo il nostro mondo crolla e ci sembra che vivremo eternamente con quel dolore ad affliggerci.
È vero che la sensazione sia questa, ma non è vero che sarà realmente così.
Solo la morte è immutabile, tutto ciò che è vivo, per natura è destinato a cambiare. Pensiamo alle cellule del nostro corpo: ognuna coi suoi tempi, è destinata a morire mentre altre si generano. Noi non siamo più quelli di giorni, mesi, anni fa.
Siamo destinati a mutare nel corpo e nel pensiero.
Mentre il corpo va da sé nonostante noi , il pensiero ha proprio bisogno di essere orientato, allenato, stimolato da noi stessi.
Restare con la mente in certe convinzioni, è opera della staticità del pensiero stesso.
Se desideriamo per noi altro, allora lo cercheremo e, presto o tardi, lo troveremo.
Perché in alcuni (troppi) ambienti in cui si condivide il lutto perinatale, le conversazioni sono polarizzate sulla staticità del dolore?
«Vivremo per sempre con questo dolore…»
«Siamo destinati a vivere eternamente a metà…»
«È un dolore con cui si convive, senza passare mai…»
Beh, quando si tratta di lutto perinatale la faccenda si fa complessa: stiamo di fronte alla morte di una persona che non ha una storia sociale e senza storia sociale non esiste, pertanto è immotivata la sofferenza di chi lo piange.
Improvvisamente il dolente si trova estraneo al mondo a cui è abituato: chi lo circonda non comprende la sofferenza che sta attraversando. È solo, disorientato, terribilmente afflitto.
Allora il dolore assume una valenza importante: racconta dell’esistenza di chi è negato, dice che non l’abbiamo dimenticato e che continuiamo ad amarlo.
Inoltre, noi esseri umani abbiamo bisogno di stare fra noi: non a caso siamo definiti animali sociali. Ecco che si va in cerca di simili e quei simili si incontrano nei luoghi in cui si raccolgono le persone che possono condividere esperienze comuni.
Il dolore – che sembra uguale per tutti – accomuna e finalmente rende nuovamente parte di un mondo: il nuovo mondo possibile, fatto di quel dolore.
Nella nostra epoca di morte non si può parlare: la morte è una cosa triste, che deve essere allontanata ed evitata il più possibile.
Tanto è deprecabile da essere persino considerata ‘innaturale’: l’aspirazione infatti è l’immortalità.
Ad una società disabituata a fare i conti con la finitudine dei suoi componenti, di fronte alla morte non resta che il dolore e ben pochi strumenti per affrontarlo.
Così il lutto perinatale è sinonimo di dolore perpetuo.
Ma non è vero.
Può non essere così: non mi stancherò mai di affermarlo.
La morte è immutabile, ma noi siamo vivi, pertanto destinati a cambiare e rigenerarci.
Il dolore è una spia che ci avvisa di dover attuare un cambiamento importante: ripensare il nostro mondo e noi stessi.
Possiamo proseguire portando i nostri figli nel cuore e nella mente anche senza il dolore… possiamo amarli senza sofferenza: l’amore non è sofferenza.
La società potrà pure continuare a negare ciò che non vede, ma noi conosciamo la verità: ne siamo testimoni diretti e possiamo portare in giro un messaggio completamente diverso, anche senza afflizione perenne.
Non aver paura di abbandonare il dolore: non è lui a dire che sei il genitori di tuo figlio.
Non aver paura di rinunciare al nuovo mondo che ti chiede di restare afflitta/o: esistono infiniti mondi possibili.
Non aver paura di abbandonare il senso di colpa: non sei onnipotente, solo umana/o.
Non aver paura di tornare ad essere felice: la tua pena non renderà più sensata la morte di tuo figlio.
Non ripeterti che il dolore sarà per sempre: la tua mente finirà col crederti.
Non ho detto sia facile, solo che è possibile.
Im-possibile
Pubblicato per la prima volta il 17 settembre 2021