Commemorare i defunti in epoca perinatale
La morte è tale ancor prima della religione.
Commemorare i defunti è fatto umano, successivamente qualcuno può assegnargli anche valenza religiosa.
I riti sono gesti che aiutano l’umano a compiere passaggi significativi, talvolta piuttosto faticosi, essi servono a dare forma, contenere ed esprimere le emozioni.
I riti si sono andati strutturando e diffondendo già a partire da decine di migliaia di anni fa: molto prima che la religione se ne appropriasse.
Commemorare i defunti in epoca pre e perinatale serve a ricavare uno spazio d’espressione per un legame potente, sebbene invisibile; serve a legittimare uno spazio che troppo spesso è sminuito; serve a conferire dignità ad una morte che in troppi giudicano inferiore ad altre.
A noi, genitori di figli morti in epoca pre e perinatale, qualcuno chiede di reprimere il nostro bisogno umano di condividere e manifestare la nostra sofferenza.
Ci chiedono di nasconderci perché interpretano la nostra presenza come l’evidenza che la legge 194 debba essere abolita.
Giudicano il nostro recarci al cimitero e la commemorazione dei nostri morti nella giornata dedicata ai defunti come un atto politico.
Ecco che la morte delle mie figlie deve passare al vaglio della religione che la strumentalizza per fare politica, e poi al vaglio della gente comune che pensa che io debba contribuire a salvare una legge ricacciando indietro un bisogno che ha decine di migliaia di anni di storia e tradizioni.
Nel mio gesto non c’è alcuna volontà di mettere in discussione una legge che proseguirò a difendere come ho sempre fatto.
Né c’è la volontà di sostenere una religione che vuol far politica.
Nel mio gesto c’è ciò che vedete: una madre che commemora i suoi figli morti.
Mi dispiace che questo vi crei turbamento: potrebbe essere una buona occasione per cominciare ad analizzarlo, magari accorgendovi di quanto vi state comportando in modo indelicato ed egocentrico.
Il mondo non gira intorno a voi e a voi soltanto: lasciate vivere e buona vita.
